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Come ormai noto alle imprese, la redazione e concreta attuazione del Modello organizzativo, affiancata dalla attiva vigilanza da parte dell’Organismo di Vigilanza, cosiddetto OdV, consente di evitare la condanna della Società ad ingenti sanzioni pecuniarie ed interdittive a seguito della commissione di “reati presupposto” da parte di soggetti apicali e subordinati, in presenza di interesse e vantaggio per l’Ente.

Destano sempre più attenzione le notizie di condanna di Società di ogni sorta di natura giuridica e dimensione per reati quali infortuni sul lavoro, reati ambientali, reati fiscali, e numerose altre fattispecie criminali.

Anche le aziende del settore del Food sono interessate da questa normativa.

Infatti, le fattispecie di delitti che interessano in particolare le società del Food si annoverano la vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine (art. 516 c.p.), la vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 c.p.), la fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale (art. 517-ter c.p.), la contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (art. 517-quater c.p.) ma anche reati di ortata può generale quali la turbata libertà dell’industria o del commercio (art. 513 c.p.), l’illecita concorrenza con minaccia o violenza (art. 513 bis c.p.), le frodi contro le industrie nazionali (art. 514 c.p.), la frode nell’esercizio del commercio (art. 515 c.p.),

Diverse sono le pronunce della Cassazione e dei Tribunali relative a casi che hanno visto contestati i reati sopra elencati in cui le contestazioni riguardavano tanto i soggetti apicali quanto la Società

A titolo di esempio, una società cooperativa agricola nell’ambito di un procedimento in cui erano contestati agli amministratori i reati di associazione per delinquere e di frode in commercio aggravata ai sensi dell’articolo 517 bis c.p., è stata coinvolta nel procedimento in forza dell’articolo 25-bis 1 D.Lgs. 231/01. Nel caso in questione è stato contestato il commercio di prodotti agroalimentari di qualità diverse da quelle reali, ossia prodotti agricoli non realizzati con il metodo di produzione biologico ma commercializzati come tali, attraverso la falsificazione dei registri delle colture, dei registri delle materie prime, dei registri delle vendite, dei documenti di trasporto e delle fatture di vendita.

In un altro procedimento il legale rappresentante di società vinicola era stato indagato in relazione al delitto di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari cui all’art. 517-quater c.p.; la società è stata chiamata a rispondere per la corrispondente responsabilità ex D.Lgs. n. 231-01, ai sensi dell’art. 25-bis. In questo caso si contestava la provenienza documentalmente non tracciabile di mosto di uve da tavola nella filiera dei mosti di uve da vino destinate alla produzione di “aceto balsamico di Modena” e che la società amministrata dall’indagato risultava autorizzata all’esclusiva lavorazione delle uve da vino e/o degli altri prodotti vitivinicoli da queste derivanti.

Famosi, perché giunti alle cronache nazionali, i caso della frode in commercio di una società per avere posto in vendita centinaia di bottiglie di olio extravergine di oliva recanti sull’etichetta indicazioni fallaci in ordine all’origine e alla provenienza, in particolare attestanti che l’olio era “prodotto e imbottigliato dall’Azienda …..” con olive conferite dalla medesima azienda, laddove esso era in parte confezionato con olive di altra regione e, inoltre, era imbottigliato da altra impresa e di una industria casearia che consegnava agli acquirenti un tipo di mozzarella per qualità diversa da quella di “bufala campana D.O.P.” , pattuita e dichiarata, in quanto prodotta parzialmente con latte bufalino surgelato, anziché, come prescritto, con l’impiego esclusivo di latte fresco di mungitura.

E’ dunque opportuno ricordare come in ipotesi analoghe, in assenza di adozione ed efficace attuazione del Modello 201-01, in presenza di un interesse e/o vantaggio a carico della società (si pensi, ad esempio, all’abbattimento dei costi di produzione nell’utilizzo di materie prime diverse da quelle dichiarate), si profila oltre alla responsabilità propria degli amministratori, anche una responsabilità amministrativa della società, con le pesanti conseguenze sanzionatorie previste.

In questa materia il Legislatore si è proposto di interviene con una riforma del codice penale e della legislazione speciale del settore agroalimentare con riguardo alla sicurezza degli alimenti, alla salvaguardia della salute pubblica e in materia di frodi nel commercio di prodotti alimentari al fine di sviluppare una maggiore tutela del consumatore, delle indicazioni geografiche, del diritto alla trasparenza, del patrimonio del settore dell’agricoltura e della salute pubblica, riorganizzando sia i reati alimentari già esistenti e il quadro sanzionatorio, attraverso la revisione dei delitti quali l’avvelenamento di acque o di alimenti, la contaminazione, adulterazione o corruzione di acque o di alimenti, l’introduzione dei delitti di produzione, importazione, esportazione, commercio, trasporto, vendita o distribuzione di alimenti pericolosi, omesso ritiro di alimenti pericolosi, informazioni commerciali ingannevoli pericolose e di disastro sanitario.

Anche la disciplina della responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. 231/2001viene interessata dalla riforma in quanto si prevede l’inserimento, all’interno del catalogo dei c.d. reati presupposto, la frode in commercio di prodotti alimentari, la vendita di alimenti con segni mendaci, la contraffazione di alimenti a denominazione protetta,  l’agropirateria, l’avvelenamento di acque o di alimenti, la contaminazione o la corruzione di acque o alimenti, l’adulterazione o la contraffazione di sostanze alimentari, le informazioni commerciali ingannevoli pericolose, il disastro sanitario e i delitti colposi contro la salute pubblica.

 Viene poi previsto un Modello 231-01 “ad hoc”, speciale, per le imprese alimentari con la descrizione puntuale dei requisiti minimi e delle regole cautelari da rispettare, che se adottato ed efficacemente attuato, come già previsto dall’articolo 30 del D.Lgs. 81/2008 in materia di salute e sicurezza sul lavoro, può avere efficacia esimente dalla responsabilità della società in caso di commissione dei delitti contro l’industria e il commercio già presenti nel catalogo 231 e dei reati agroalimentari e contro la salute pubblica di prossima introduzione.

Pertanto, qualora l’Azienda operante nel settore Food si sia dotata di un Modello organizzativo e gestionale rispondente ai requisiti specifici previsti dalla Legge. Il nuovo art. 6 bis stabilisce dunque che l’azienda debba adottare il modello in modo tale da assicurare l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici nascenti dalla normativa nazionale ed europea con riguardo a:

L’introduzione dei nuovi reati agroalimentari rappresenterò pertanto l’occasione per le Aziende di dotarsi di Modello organizzativo, sistema peraltro di ausilio anche come strumento di prevenzione della commissione di altri reati, ovvero degli altri “reati presupposto 231” già a tutti noti da tempo, quali a titolo di esempio i reati contro la P.A., i reati societari, i reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro, i reati ambientali, i reati fiscali, i reati informatici.

Se ad oggi l’adozione del “Modello 231” non è obbligatoria (pur esistendo progetti di legge in tal senso per determinate categorie di enti), è chiaro come tale scelta, in ragione dei plurimi effetti benefici e premianti, sia fortemente raccomandabile.

E’ utile infatti ricordare che, oltre all’efficacia esimente in ordine alla responsabilità amministrativa da reato con la conseguenza importante di evitare le gravi sanzioni interdittive e pecuniarie previste dalla normativa, numerosi sono i vantaggi che conseguono all’adozione di un Modello ex D.Lgs. 231/2001:

Si ricordano inoltre gli incentivi Inail (Bandi ISI INAIL) che includono, tra i progetti finanziabili, quelli per l’adozione di modelli organizzativi ex D.Lgs. 231/2001.

I benefici derivanti dall’adozione di un modello sono quindi indubbi e certamente ripagano, nel lungo periodo, degli sforzi connessi all’attuazione dei presidi organizzativi dettati dal D.Lgs. 231/2001.

Introduzione

Il Decreto Legislativo 24/2023 segna un significativo progresso nel campo della protezione dei whistleblowers in Italia. Dopo un processo di riforma che ha attraversato più di un decennio, l'Italia ha finalmente completato la sua transizione verso la piena conformità con la Direttiva europea (UE) 2019/1937, che mira a garantire la massima protezione delle persone che segnalano condotte illecite apprese nel contesto del loro lavoro, i cosiddetti whistleblowers. Questo articolo esaminerà le principali novità introdotte dal Decreto Legislativo 24/2023 e le sue implicazioni per le aziende italiane.

Antefatto: un lungo percorso di riforma

L'Italia ha intrapreso un percorso di riforma in materia di whistleblowing più di un decennio fa, inizialmente rivolto alla Pubblica Amministrazione e successivamente esteso anche al settore privato a partire dal 2017. L'obiettivo del Decreto Legislativo 24/2023 è quello di consolidare queste normative in un unico corpus normativo, ispirato ai principi di universalità e massima tutela del segnalante. La legge mira a espandere le aree di tutela e ad armonizzare la disciplina pubblicistica con quella privatistica.

Ambito di applicazione

Le nuove disposizioni del Decreto si applicheranno sia agli enti pubblici (ad eccezione dei comuni con meno di 10.000 abitanti) che agli enti privati con più di 50 dipendenti o operanti in settori strategici come i mercati finanziari, la tutela dell'ambiente e i trasporti e quelli che – a prescindere dal numero dei dipendenti - si sono dotati del Modello 231-01. Questa estensione dell'ambito di applicazione del whistleblowing rappresenta una mossa significativa verso la protezione di un numero più ampio di individui.

Principali novità Introdotte dal Decreto

Le nuove normative delineate dal Decreto Legislativo 24/2023 introducono una serie di importanti cambiamenti nel panorama del whistleblowing in Italia. Di seguito, una panoramica delle principali novità:

  1. da facoltà ad obbligo per i privati: la prima grande novità, soprattutto per gli enti privati, è l'obbligo di istituire canali di segnalazione interna e di mettere a disposizione strumenti per la tutela dei segnalanti. In precedenza, questa era una scelta facoltativa per le aziende, ma ora è un obbligo di legge.
  2. estensione oggettiva: il Decreto amplia il campo del whistleblowing, includendo non solo reati gravi come corruzione e frodi, ma anche pratiche non necessariamente illegali che influenzano gli interessi strategici dell'Unione Europea, come la privacy, la concorrenza e la tutela dell'ambiente. Ciò evidenzia l'importanza del whistleblowing nell'applicazione delle iniziative di Corporate Social Responsibility.
  3. estensione soggettiva: la protezione non si applica solo ai dipendenti pubblici o ai lavoratori subordinati del settore privato, ma si estende anche ai lavoratori autonomi, ai collaboratori, ai liberi professionisti, ai consulenti e ai familiari o colleghi dei segnalanti impiegati nello stesso contesto lavorativo.
  4. gestione delle segnalazioni: il Decreto definisce modalità univoche per la gestione delle segnalazioni, richiedendo a tutte le entità coinvolte di creare canali di segnalazione interna che garantiscano la riservatezza del segnalante e del contenuto della segnalazione. Sono previste severe sanzioni per le entità che non rispettano queste disposizioni.

Difficoltà interpretative e sfide residue

Nonostante gli sforzi del Legislatore, il Decreto presenta alcune sfide interpretative e lacune. Ad esempio, persiste un divario significativo tra le tutele previste per il settore pubblico e quelle per il settore privato, e alcune ambiguità riguardo ai dettagli delle modalità di gestione delle segnalazioni.

In particolare, sotto quest’ultimo profilo, il Decreto non fornisce dettagli sufficienti sulle modalità di gestione e utilizzo dei canali di segnalazione interna, in particolare per quanto riguarda l'uso della crittografia. Questo può rendere difficile comprendere come dovrebbero essere implementate le tecnologie informatiche per garantire la riservatezza e la protezione dei dati personali, come richiesto dalla legge.

Il Decreto, inoltre, non assegna esclusivamente all'Organismo di Vigilanza, almeno per gli enti con un Modello di Organizzazione Gestione e Controllo, il compito di gestire questo canale. Questo potrebbe generare confusione e mancanza di coerenza tra la disciplina del whistleblowing già presente nel D.Lgs. 231 e le disposizioni del Decreto.

Infine, persistono le incertezze riguardo alla gestione delle segnalazioni interne nelle dinamiche di corporate governance dei gruppi di imprese. Né la Direttiva europea né il Decreto affrontano in modo esaustivo questa questione, lasciando spazio a interpretazioni varie ed eventuali controversie.

Conclusioni

Il Decreto Legislativo 24/2023 rappresenta un passo significativo verso la protezione dei whistleblowers in Italia e riflette l'impegno del paese verso una maggiore trasparenza e responsabilità nel mondo degli affari. Tuttavia, rimangono sfide e ambiguità che richiederanno un ulteriore lavoro di interpretazione e una possibile revisione normativa futura. Le aziende dovranno adeguarsi a queste nuove normative e promuovere una cultura di etica e responsabilità per affrontare con successo le sfide del whistleblowing.

La rottamazione delle cartelle esattoriali è un argomento molto importante per chi ha debiti con l'erario e desidera risolvere la propria situazione finanziaria. Questo strumento è stato introdotto dal governo italiano per permettere ai contribuenti di sanare i propri debiti con il fisco in modo agevolato, evitando così il rischio di essere sottoposti a procedure di recupero forzoso dei crediti.

La rottamazione delle cartelle esattoriali è stata introdotta per la prima volta nel 2016, con il Decreto Legge n. 193 del 2016, e poi confermata e ampliata nel corso degli anni successivi. La sua finalità è quella di agevolare i contribuenti che si trovano in difficoltà economiche, offrendo loro la possibilità di pagare i debiti con il fisco in modo rateale, con condizioni di favore rispetto a quelle previste dalle normali procedure di recupero.

È possibile presentare la richiesta di adesione anche per i carichi già ricompresi in un piano di “Rottamazione ter” indipendentemente se tale piano sia ancora in essere o sia decaduto per il mancato, tardivo o insufficiente versamento di una delle relative rate.

La rottamazione delle cartelle esattoriali è una soluzione molto utile per chi ha debiti con il fisco e desidera risanare la propria situazione finanziaria. Tuttavia, è importante valutare attentamente la propria situazione economica prima di aderire a questo strumento, per evitare di trovarsi in difficoltà nel corso del tempo. Inoltre, è consigliabile rivolgersi a un professionista del settore per avere un'analisi più dettagliata della propria situazione e per valutare le migliori soluzioni possibili.

Vediamo adesso come inviare la domanda per la rottamazione quater

Il termine è fissato dalla legge al 30 giugno 2023. È tuttavia sempre consigliabile attivarsi in anticipo rispetto alla scadenza, per evitare il rischio di rallentamenti dei sistemi informatici dovuto all’elevato traffico degli ultimi giorni

Per i contribuenti che aderiscono alla rottamazione dei debiti affidati in riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, sarà possibile versare solo l’importo del debito residuo senza corrispondere le sanzioni, gli interessi di mora, quelli iscritti a ruolo e l’aggio. 

Il pagamento potrà avvenire in un’unica soluzione o in modo dilazionato al massimo in 18 rate in 5 anni con le prime due (di importo pari al 10% delle somme complessivamente dovute) in scadenza al 31 ottobre 2023 e 31 gennaio 2024. Le restanti rate, ripartite nei successivi 4 anni, andranno saldate in quattro rate annuali a partire dal 2024. In caso di pagamento rateale saranno dovuti gli interessi al tasso del 2 per cento annuo

La domanda deve essere presentata esclusivamente in via telematica sul sito www.agenziaentrateriscossione.gov.it, utilizzando l’apposito servizio disponibile sia in area pubblica sia in area riservata. 

L’ Agenzia delle entrate-Riscossione invierà entro il 30 settembre 2023 la comunicazione con l’esito della domanda, l’ammontare delle somme dovute ai fini della definizione e i moduli di pagamento in base al piano di rate scelto in fase di adesione. 

Dopo aver confermato l’invio della richiesta il contribuente riceverà una prima e-mail all’indirizzo indicato, con un link da convalidare entro le successive 72 ore. 

Decorso tale termine, il link non sarà più valido e la richiesta sarà automaticamente annullata. 

A seguito della convalida della richiesta, il sistema invierà una seconda e-mail di presa in carico della domanda, con il numero identificativo della pratica e il riepilogo dei dati inseriti. 

Infine, se la documentazione allegata è corretta, verrà inviata una ulteriore e-mail con allegata la ricevuta di presentazione della domanda di adesione. 

Il modello 231: breve riepilogo delle sue logiche e funzioni

Quando si parla di modello 231 si fa spesso riferimento alle sue funzioni, cioè permettere alle imprese di qualunque dimensione di ottenere un esonero della responsabilità qualora si verifichi la commissione di reati da parte dei propri dipendenti.

In particolare, se un dipendente – sia di ruolo apicale che sottoposto – dovesse commettere determinati reati nell’interesse dell’azienda o comunque a vantaggio della stessa, quest’ultima può andare esente da responsabilità solo dimostrando di avere adottato un efficace modello 231.

Il motivo è che adottare tale modello implica la costituzione di una struttura interna, ad hoc per l’azienda, composta da un organo di vigilanza, un codice etico e un sistema disciplinare. Un sistema, dunque, in grado di fornire un'adeguata prevenzione alla commissione dei suddetti reati.

L’adozione di un modello 231, tuttavia, non è obbligatoria e ha dei costi per l’azienda, soprattutto nella fase inziale. Questo porta delle volte a chiedere se l’adozione dello stesso porti effettivamente dei vantaggi all’impresa.

Come vedremo, la risposta è assolutamente affermativa e ha dei risvolti sia in termini di rating di legalità aziendale che di rapporto con gli stakeholder. Il modello 231, infatti, rientra tra i modelli ESG oriented, i quali hanno una rilevanza sempre maggiore nella società moderna.

Vediamo quindi perché il modello 231 può costituire un ottimo investimento sul medio-lungo periodo e alcuni dei vantaggi per l’impresa.

ESG e rating di legalità: il ruolo del modello 231

L’ESG e il rating di legalità aziendale, nonostante siano due concetti distinti, spesso vanno di pari passo. In particolare, c’è una relazione diretta tra ESG (Environmental, Social and Governance) e rating di legalità, quando si parla di reputazione sul mercato.

Al riguardo, è bene specificare subito che, in taluni casi, non si tratta solamente dell’immagine che una società mostra di sé al pubblico, la quale può essere più o meno positiva, ma anche di una reputazione che può creare dei limiti invalicabili. Tra i modelli di business ESG oriented, infatti, un ruolo di rilievo è ricoperto dal modello 231, le cui funzioni sono state riassunte precedentemente. Ebbene, l’adozione del modello 231 da parte di un’impresa può condizionare le relazioni con i soggetti esterni alla stessa, ed in particolare con le proprie controparti contrattuali, ad esempio i fornitori. Non è raro, infatti, che gli enti pubblici e alcune società presenti sul mercato si rifiutino di intavolare trattative con aziende che non hanno adottato un proprio modello 231.

Il motivo di ciò risiede nel ruolo fondamentale che ha assunto nella società moderna l’adozione di modelli ESG oriented ispirati ai concetti di “sostenibilità” ma anche nella concreta volontà e opportunità da parte delle imprese di prediligere le trattative con controparti che si sono attivate per prevedere un proprio codice etico, un organo di vigilanza e dei sistemi disciplinari adeguati. Com’è evidente, infatti, sapere che un’azienda volontariamente si è attivata per individuare le aree di rischio al suo interno e per prevenire la commissione di reati da parte dei suoi soggetti apicali o sottoposti è un elemento che garantisce una maggiore affidabilità dell’azienda stessa.

Essere compliant rispetto al modello 231 ha inoltre un impatto rilevante nel rating che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, dopo i dovuti controlli, attribuisce alle imprese che ne facciano richiesta. Da questo punto di vista si tratta quindi di una vittoria su più fronti per l’azienda: migliore reputazione sul mercato, miglior rating di legalità e un sistema interno di prevenzione dei reati.

ESG e rating di legalità: un messaggio positivo agli stakeholders

Come accennato, l’adozione di un modello ESG oriented ha degli effetti diretti sugli stakeholder poiché sostenibilità sociale, economica e ambientale dell’azienda sono divenuti un pilastro della società moderna. L’effettiva attenzione da parte delle aziende a questi aspetti e la propensione della governance aziendale a dotarsi di questi modelli – tra i quali, come dicevamo, un ruolo importante è rivestito dal modello 231 – ha pertanto degli effetti decisivi nell’attrattività nei confronti di investitori, fornitori e clientela in generale.

A conferma di ciò, non è un mistero, infatti, che la stessa Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nel 2015, abbia formalizzato questo sentimento comune nell’Agenda 2030. Quest’ultima ricomprende una serie di attività a stampo ESG che il mondo deve porsi come obiettivo nel presente e nel medio lungo/periodo.

Questo per dire che nel mercato attuale i modelli ESG oriented rappresentano un plus concreto e rilevante, oltre che un segno di lungimiranza e prevenzione. Al riguardo, basti pensare agli effetti che può avere attualmente un processo nei confronti di un’azienda per la commissione di reati ambientali (ad esempio) da parte di qualche suo dirigente. Già la notizia genererebbe una situazione svantaggiosa per l’azienda interessata ma il tutto potrebbe peggiorare drasticamente se si sapesse che la stessa non si era dotata di un modello 231 e che, dunque, non si era interessata a prevenire la commissione di reati a danno dell’ambiente. Le conseguenze più gravi non sarebbero quindi rappresentate dalle sanzioni amministrative a cui l’azienda verrebbe assoggettata bensì l’evidente danno reputazionale nei confronti di una società moderna che è sempre più attenta alla sostenibilità ambientale, sociale ed ecologica.

Sono ormai sempre più diffusi i sistemi di videosorveglianza installati dai privati a tutela della proprietà e delle persone fisiche; molti vorrebbero installare tali impianti anche in Condominio. Ma è possibile?

Sia il Codice Civile che il Regolamento Europeo in materia di protezione dei dati personali consentono l’installazione di sistemi di videosorveglianza sulla base di una valutazione e comparazione degli interessi e delle libertà in gioco. Tali sistemi infatti coinvolgono anche la privacy e la riservatezza delle persone che si trovano a transitare e conseguentemente un problema di trattamento dei dati personali.

La tutela dell’incolumità personale e delle proprietà privata consente tali installazioni purchè venga rispettato il principio della minimizzazione dei dati, con riferimento alle modalità di ripresa, alla dislocazione delle telecamere e alla durata del trattamento e purchè il trattamento sia effettuato in modo pertinente e non eccedente le finalità perseguite.

Il Codice civile in particolare consente l’installazione di sistemi di videosorveglianza in Condominio previa consenso della maggioranza dei condomini a patto che le riprese riguardino parti comuni e/o il perimetro del condominio.

Anche il singolo condominio potrebbe installare, a proprie spese e senza autorizzazione assembleare, un sistema di videosorveglianza a tutela della sua proprietà esclusiva con esclusione però di parti comuni e della proprietà esclusiva dei vicini

In ogni caso l’installazione di tali sistemi deve essere sempre segnalata con cartelli e informativa posti prima di accedere alla zona interessata dalle riprese e previa adozione di specifiche misure di sicurezza, tecniche ed organizzative, che individuino i soggetti autorizzati ad accedere e visionare le immagini.

L’installazione senza il rispetto delle disposizioni di legge, siano esse nazionali o europee, comporta un abuso e potrebbe integrare altresì gli estremi del reato di interferenza illecita nella vita privata.

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