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In tema di locazioni ad uso diverso

Come preannunciato esaminiamo ora il caso delle locazioni commerciali o comunque ad uso diverso da quello abitativo per le quali le numerose e varie disposizioni dettate dal Legislatore in tema di contenimento della pandemia da Codiv 19 hanno inciso profondamente creando dei veri e propri squilibri nel sinallagma contrattuale.

Premesso che anche in questo ambito non c’è nessuna norma che esoneri il conduttore dal pagamento dei canoni di locazione né che obblighi la proprietà a ridurre il canone di locazione, è tuttavia indubbio che i contingentamenti negli ingressi, il distanziamento sociale, la chiusura anticipata delle attività, se non addirittura la chiusura totale dei locali, hanno determinato una oggettiva riduzione del godimento degli immobili e una minor capacità produttiva del bene locato. Il tutto si traduce in una prestazione imperfetta venutasi a creare non certamente per volontà delle parti, locatore o conduttore, e in modo del tutto imprevisto ed imprevedibile.

Di tutti questi elementi non si può non tener conto ed è proprio per l’eccezionalità della situazione e delle conseguenze che ne derivano che i Tribunali italiani hanno tentato di dare soluzioni ad una situazione di oggettiva difficoltà che non può essere ignorata.

Come spesso accade la giurisprudenza si è divisa su tali problematiche ma l’orientamento che sembra emergere è quello della prudenza e del buon senso dinanzi ai mesi in cui l’attività dell’inquilino è stata chiusa forzatamente dai provvedimenti del governo.

Anche nelle locazioni ad uso diverso, pertanto, la strada maestra sembra essere quella dell’accordo fra proprietà e conduttore per una rinegoziazione dei canoni nei mesi interessati dalle restrizioni, in nome del principio di buona fede costituzionalmente orientato al dovere inderogabile di solidarietà di cui all’art 2 della ns. Costituzione che, applicato ai contratti, ne integra il contenuto e ne orienta l’interpretazione e l’esecuzione.

Ecco allora che si va della decisione del Tribunale di Frosinone che non ha convalidato lo sfratto intimato dal locatore per morosità giustificando il ritardo nel pagamento del conduttore, a quella del Tribunale di Venezia che  non ha concesso la convalida dello sfratto  rilevando che la morosità non dipende dalla volontà del conduttore di non adempiere, ma dalle norme restrittive in tema di pandemia che legittimano una riduzione del canone  per impossibilità parziale di godimento del bene locato. E ancora il Tribunale di Bologna che nel provvedimento del 11.05.2020 fa leva  sull’art 91, comma 1 del Decreto Cura Italia secondo cui il rispetto delle misure di contenimento dell’epidemia deve essere valutato ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore nell’inadempimento. Vi è infine l’ordinanza del 27.08.2020 del Tribunale di Roma che proprio partendo dal principio di buona fede e di solidarietà costituzionale si spinge sino al punto di ritenere che tali principi comportino il potere di rinegoziazione giudiziale del contratto e il potere giudiziale di riduzione del canone; rinegoziazione e riduzione rimessi dunque al Giudice.

Un’emergenza socio sanitaria come quella che stiamo vivendo richiede forse, ora più che mai, un richiamo ai principi costituzionali e di solidarietà sociale.

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